L'IPOCONDRIA DEL BENEFATTORE

testo di Donata Bonometti
E’’ la storia di uno storico benefattore, quell’Emanuele Brignole che fondò a Genova l’Albergo dei Poveri (nella foto una delle visite organizzate nelle giornate Fai) dove ospitare oltre quattromila derelitti della città, la storia di un uomo alla fine impegnato socialmente che venne osteggiato dai notabili della città, nella realizzazione di questa gigantesca "opera" pagata di tasca propria, subendo pressioni e vessazioni che lo portarono alla malattia. Far del bene fa male? Gli venne insomma diagnosticata l'ipocondria.
Oggi gli psichiatri definiscono ipocondriaco oltre che spesso un malato immaginario, anche e soprattutto un fobico. E secondo Galeno nella cavità addominale, quindi nei visceri, ha sede la “melancolia”, che in greco significa “bile nera” uno dei quattro umori alla base della teoria ippocratica. Dunque Brignole era un malato “moderno” con problemi di stomaco e ancor più di intestino, irritato per lo stress derivato da rapporti molto tesi con i politici genovesi. Per guarirlo ci si mettono in due. Un medico di Genova, Filippo Trombetti dell’ospedale Pammatone e Stanislao Homati di Fidenza, dove Brignole si rifugia per cambiare aria. E si apre un contenzioso sulle terapie da seguire. Una lite fra medici insomma. Alla fine Brignole morirà in gennaio, nel 1678, forse di “pleuritide”, insomma una influenza. Guarito da quell' altro acciacco, che tanto colpisce la folta compagnia degli stressati, che oggi si dibattono tra colon irritabile, gastrite e reflussi.
Ma la lite, durata anni, fra i due medici, che ricorrono ai più stravaganti espedienti per vincere la gara della cura di un uomo potente, è diventata un libro, risultato di ricerche d’archivio. Si intitola “Stanislao Omati da Borgo San Donnino e il signor Ipocondriaco. Una disputa medica del Seicento attorno al caso di un paziente illustre”. Il libro è firmato da Paolo Moruzzi, un medico dell’Ospedale Vaio di Fidenza.
Dunque i notabili di Genova nel 1674 costringono Brignole a deporre davanti al Senato, sollecitati da una denuncia anonima sul pesante dissesto finanziario del Magistrato dei Poveri, imputabile alla realizzazione dell’Albergo. Emanuele Brignole, che aveva appunto destinato molte risorse economiche personali all’ospizio, esce moralmente malconcio da questa specie di processo. Comincia a star male. Nel secolo di Galileo e del rilancio della scienza e della medicina i due medici si affidano a terapie per noi oggi impensabili: quali l'alternarsi di bagni di acqua calda e fredda, vino più o meno annacquato e latte in quantità,ed è ciò che prescrive il genovese. Mentre l’emiliano inorridisce e vieta acqua, latte soprattutto di capra perché bruca anche “piante velenose o letali”, e se proprio vino deve essere che sia “l’oligoforo di Reggio che non mette fumo al capo”. Tra le terapie compare anche la carne di vipera perché vivendo dentro la terra assorbe “spiriti sulfurei e vegetabili” e pure l’oppio. Moruzzi trae una sua conclusione. Brignole è guarito da solo “grazie alla sua forza di volontà supera un periodo di angoscia, altro che cure mediche”. E se lo dice un medico....
Oggi l'Albergo dei Poveri ,che Emanuele ha voluto nonostante gli ostacoli ,è in parte occupato dall'Università in parte è ritornato luogo d'arte, avendo recuperato il patrimonio fatto di sculture, dipinti, tessuti, argenti, antichissimi documenti. Ci sono visite periodiche anche organizzate dal Fai per conoscerne la quasi sconosciuta bellezza. E molti sono i genovesi che si mettono in coda per rileggere l'ex ospizio diventato uno spazio monumentale. Ad Emanuele Brignole, vedendo l'Albergo di oggi, sarebbe passato ogni problema gastrico da stress.
Venerdi 1 e sabato 2 dicembre l'Albergo ospiterà due giornate di studio sul tema “Carità e magnificenza nel Seicento – Emanuele Brignole e l’Albergo dei Poveri a Genova” alla presenza del commissario straordinario Marco Sinesi con i prof. dell'università di Genova Lauro Magnani e Luca Lo Basso