NEL VILLAGGIO DEGLI SMANETTONI

testo di Manuela Arata
Dice “che c’entra la tecnologia con la solidarietà?”
C’entra eccome: la quarta rivoluzione industriale, quella che introduce Internet e la robotica nella produzione e distribuzione dei beni, è già in corso…E una comunità saggia si prepara, non si fa cogliere di sorpresa, e lo fa a tutti i livelli impegnando persone di tutte le età. Oltre ai convegni e alle spiegazioni di cosa è la quarta rivoluzione industriale e a quale velocità si propaga, bisogna mettersi in moto e organizzare la comunità.
Provo a spiegare alcune cose in maniera semplice, così come le ho capite io che non sono una specialista, ma una manager innamorata della scienza e dell’innovazione. Del cambiamento che Internet ha portato nella società non c’è bisogno di spiegare troppo: viaggiamo organizzandoci da soli, andiamo nelle case delle persone, prendiamo passaggi in macchina (ci eravamo dimenticati di quando facevamo l’autostop, ora ritorna), compriamo scegliendo in un’ampia offerta beni che ci arrivano direttamente a casa, comunichiamo con grande facilità e troviamo le persone andando sulla rete.
Dell’Internet delle cose è utile parlare: comincia con l’e-commerce e si propaga a macchia d’olio. Oggi stampiamo oggetti il cui disegno è stato prodotto magari dall’altra parte del mondo, riceviamo il file via mail, lo inseriamo in una stampante 3d e aspettiamo che la macchina depositi materiale seguendo il disegno automatico tridimensionale ricevuto nel file.
Si chiama “manifattura additiva” ed è davvero rivoluzionaria: se fino ad ora l’uomo ha prodotto oggetti sostanzialmente scavando i materiali, con la manifattura additiva la realizzazione avviene per deposizione, con risparmi sugli scarti davvero straordinari. Se pensate che produrre un pezzo al titanio oggi significa scartarne quasi l’80% e che con la manifattura additiva lo scarto si riduce al 10-15%, capite perché questa rivoluzione è inarrestabile.
Rivoluzione perché quando sarà consolidata non ci sarà più bisogno - per fare un esempio - dei pezzi di ricambio tenuti in magazzino e magari invenduti. Il pezzo di ricambio verrà prodotto in loco con risparmi enormi di spedizioni, stoccaggio e distribuzione.
Spariranno alcuni tipi di lavori, ma se ne apriranno altri. E’ per questo che ci dobbiamo preparare. Dobbiamo cominciare a studiare progettazione in altro modo, a creare figure professionali esperte di informatica e di rete, di cybersecurity, controllo qualità, manutenzioni a distanza e via andare. Dobbiamo farlo subito, essere protagonisti di questa rivoluzione in tutti i settori (pensate come cambieranno le spedizioni, meno oggetti e più materia prima)…
Intanto a Genova con un gruppo di matti abbiamo aperto il “Genova Makers’ Village”, un incubatore all’interno dell’incubatore d’impresa BIC della Regione a Cornigliano, dove coinvolgendo i pensionati con le mani d’oro - che vogliono trasmettere il loro “saper fare” - abbiamo allestito un laboratorio di creatività tecnologica aperto ad artigiani e piccole imprese che vogliano cominciare ad impratichirsi con queste nuove tecniche, così come ai ragazzi che vogliono provare a costruire oggetti meccatronici e robottini, o ai ricercatori che vogliono costruire il prototipo di una loro invenzione, agli studenti che vogliono mettere le mani su quello che hanno imparato in forma teorica a scuola.
Siamo tutti volontari, paghiamo affitto e luce di tasca nostra, perché ci crediamo e crediamo anche che il Village possa essere un luogo in cui persone che non hanno un lavoro o non hanno ancora capito cosa vogliono fare nella vita, possano scoprire una passione che li aiuti ad indirizzarsi.
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