UNA FINESTRA OLTRE LA PAURA

testo di Ramon Fresta
Qualche anno fa la fondatrice del Ceis di Genova , Bianca Costa, e l’allora responsabile dei servizi psichiatrici della ASL 3 , Luigi Ferrannini, fecero un sogno: aprire una comunità per minori con problemi psichiatrici, ma con una differenza rispetto a quelle esistenti; la scommessa era favorire il reinserimento nel tessuto cittadino quindi decisero che questo servizio dovesse essere in città e non decentrato. Nacque così, nel febbraio del 2010 la “Finestra sul Porto” in un’ala degli spazi occupati dal Ceis, Centro di Solidarietà, di Genova. Bianca non c’era più ma il suo sogno si era realizzato.
"La “Finestra sul Porto” è una Comunità Terapeutica Riabilitativa residenziale per minori e adolescenti dai 14 ai 18 anni di età, con esordi di malattia o disturbi psichiatrici in fase clinica attiva. Il trattamento, qualora il minore sia già inserito in struttura, può essere esteso al massimo al ventunesimo anno di età. Attraverso prestazioni diagnostiche, terapeutiche, riabilitative e socio riabilitative si cerca di avviare programmi di recupero e contenimento delle patologie. Le funzioni di accoglienza, reinserimento sociale, scolastico/formativo occupazionale, sono espletate attraverso un progetto personalizzato concordato con il servizio inviante e una periodica valutazione dell’ospite".
Queste sono le parole ufficiali di presentazione della “Finestra” troppo asettiche per descrivere quello che realmente accade in comunità.
Oggi ospita ragazzi e ragazze dai quasi 15 ai quasi 18 anni. Simpatici, a volte allegri a volte tristi, a volte arrabbiati. C’è chi ti sta sempre attaccato e cerca continuamente attenzione, al punto che a volte ti sembra di non riuscire nemmeno a respirare. C’è chi invece se ne sta chiuso in camera e raramente si fa vedere, ma quando si siede con te in ufficio a disegnare, magari in silenzio, ti riempie di gioia perché ti sta parlando, a modo suo.
Insieme si vive ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, mese dopo mese per tutto l’anno.
Al mattino la sveglia per andare a scuola è alle 6: a volte con sorrisi, altre volte occorre ingaggiare battaglie per farli alzare. La colazione va bene per due giorni, al terzo se ne vorrebbe un’altra. Ogni tanto succede pure che un operatore o un volontario porti focaccia o brioches e allora la giornata inizia meglio.
C’è chi non si lava mai e chi fa due docce al giorno.
Chi arriva da scuola affamato e divora tutto e quello a cui non va mai bene nulla.
Ci sono le attività pomeridiane: gruppo cucina, aikido, piscina, arrampicata o teatro ed ogni volta trascinarli in una di queste attività è una impresa perché la sana pigrizia adolescenziale da noi è ben distribuita. Però, in genere, quando finiscono le attività e si sono riempiti la pancia con una super merenda, riescono anche ad ammettere che sono stati bene o che si sono rilassati o, addirittura, divertiti.
Tenere in ordine e pulite le stanze è un’altra battaglia (ad eccezione per gli ossessivo- compulsivi). Spesso gli adulti -operatori e volontari- li aiutano a riordinare e pulire, e alla fine del duro lavoro apprezzano insieme questa alternativa di vita e si scambiano buoni propositi, ma –incredibilmente- dopo cinque minuti la stanza è di nuovo nel caos totale….
Ci sono i momenti di dolore, di tensione, di tristezza ed allora l’operatore ascolta, abbraccia, consola.
Ci sono genitori che a volte collaborano con noi e si prova a fare della strada insieme, e altri che a volte ci detestano perché ci occupiamo dei loro figli facendoli sentire inadeguati, “non bravi abbastanza” ma anche con loro si cerca di creare faticosamente un’alleanza perché questo è l’unico modo per poter aiutare i loro figli.
Il lavoro più difficile ci piomba addosso quando scoppiano le crisi, quando qualche ragazzo non ce la fa più e crolla, crolla con rabbia, con atti di autolesionismo, con aggressività contro le cose e contro le persone; in questo caso, l’operatore deve esserci, con professionalità ma anche con un mare di altri sentimenti come la capacità di capire e di proteggere, ma anche la paura, la frustrazione, l’impotenza.
Allora si chiama in aiuto la guardia medica, a volte anche le forze dell’ordine. Si ricorre ad un breve ricovero in psichiatria per calmare chi sta male e per tutelare gli altri ospiti.
E poi ci sono le gelosie, le invidie, che rendono spesso gli uni sempre molto attenti a cosa si fa con gli altri. Ci sono le antipatie e le simpatie che in pochi minuti si capovolgono. In questi casi, noi osserviamo questi cambi di umore, cercando di comprendere ciò che pensano, che provano, al fine di addentrarci un po' nel loro mondo.
L’obiettivo al quale si lavora è di far sì che i ragazzi tornino a casa, o là dove possano continuare un percorso di crescita. Non possiamo parlare di guarigione perché sarebbe arduo, o raro, trattandosi di patologie croniche. Ciò di cui questi ragazzi hanno vitale bisogno è imparare a gestire un po’ meglio certe difficoltà nelle relazioni, nel provare a controllare meglio le frustrazioni, nello scoprire le proprie risorse e capacità e nel provare a vivere con un certa serenità.
La comunità La Finestra sulPorto è all'interno del Centro di Solidarietà in via Asilo Garbarino
Finestra sul Porto, lafinestrasulporto@ceisge.org, +390102546039, +390102546070.