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OUSMAN, LAURA, MARIA E LE ALTRE


testo di Donata Bonometti

C'è una famiglia a Varese di originale composizione: una signora di 88 anni di nome Maria, un africano di nome Ousman,poco piu che ventenne e infine Laura, oltre i 60 anni, colpita fin da giovane, da una malattia degenerativa che l'ha privata dei movimenti degli arti. Ma la testa e il cuore, quelli, vanno a mille.

Non è una vera e propria famiglia, non sono dei conviventi, ma ancor meglio: un terzetto dove l'uno si appoggia all'altra e l'altra sa di contare sugli altri due. Laura dice che lei potrebbe essere la zia e Maria la mamma, ovviamente Ousman il nipote e il figlio.In verità ci sono altre due zie putative Olympia e Grace le assistenti ugandesi di Laura. Sembra che Ousman chiami Mama la signora Maria e ogni tanto la apostrofa con un "amico mio". Un avvincente caos sentimentale.

Le telefono una domenica pomeriggio, Laura continua a ribadire che lei fa poco e niente, anche a causa della sua ingombrante immobilità, ripete che il motore di tutto è Maria, la quale da giovane faceva l'assistente sociale in fabbrica, ed è sempre molto pronta per gli altri. Ma Laura si dimostra essere come una specie di "donna-casa" dove entrano ed escono i protagonisti di questa storia d'amore allargato.

Ed è Laura che racconta dell'incontro fatale: una mattina Maria, mentre zappettava l'aiuola davanti al suo condominio, ha visto passare un giovane africano dall'aria molto triste e gli ha chiesto se avesse fatto colazione. Le mamme, le nonne, le zie, si sa, conoscono il potere consolatorio del cibo perchè nasce dalle loro mani. Dopo un minuto Ousman era nella cucina di Maria a gustare biscotti con un cappuccino fumante (che diventerà la sua bevanda preferita) e a raccontare di sè.

Ousman si beava del cappuccino fin lì sconosciuto, ma guardava assorto la foto dei parenti di Maria, alcuni vivi alcuni morti, nelle cornici sulla credenza, e a sua volta raccontava dei suoi lutti, di madre e padre persi per sempre , e dell'unica viva, l'amata sorella lasciata in Africa e per la quale ora era nella solitudine di Varese. Per far sì che attraverso il suo lavoro lei potesse vivere decentemente, potesse studiare. Poi Ousman ha fatto seguire un gesto deciso: ha estratto una sua fotografia dal portafoglio e l'ha messa vicino ai ritratti dei parenti di Maria. Messaggio lanciato e ricevuto. Pochi giorni dopo Maria lo ha portato a pranzo la domenica da lei, da Laura e dalle sue amiche assistenti, e la famiglia si è dilatata. Immaginatevi la tavolata...

Racconta di lui Laura " Ousman è nato in Gambia, nazione al confine col Senegal; è un musulmano moderato ma praticante, orfano di madre viveva con la sorella minore, il padre e lo zio che avevano un negozio di sartoria. Morto anche il padre, lo zio era emigrato in Mauritania. A Ousman non restava che prendere la terribile strada del deserto, sperando di trovare fortuna in Europa e riuscire a far studiare la sorella"

E Laura rinnova, parlandone, l'angoscia che le procurano i ricordi di Ousman, la sua odissea. "Ha lavorato come un schiavo in Libia, laggiu fanno cosi, sfruttano fino allo sfinimento e poi ti uccidono oppure ti ammassano su un barcone" Questa fu la sorte di Ousman, unico sopravvissuto di una traversata spaventosa perchè sapeva nuotare."Ogni tanto mi mostra le fotografie del deserto, dove ha conosciuto la disumanità piu crudele. Faccio fatica a parlarne".

Ecco allora il ritorno alla quotidianità semplice e rasserenante, quasi uno stato di sogno che si sovrappone a quel film dell'orrore. Giornate in cui il giovane suona il campanello, entra in casa, porta fuori Laura a fare un giro per la città, o alle visite mediche ,oppure prende l'elenco della spesa , torna coi sacchetti pieni e si mette ai fornelli. Lavora,Ousman, ha lavorato in una cooperativa facendo modelli in carta per i vestiti, perchè il dna di famiglia ha traversato il mare con lui, aiutandolo.

"A Natale ha cucinato il pranzo con un piatto gambiano, il fufu, mentre Olympia e Grace preparavano il menu di Santo Stefano, che avremmo trascorso con amici fraterni. Tutti insieme". Perchè Laura in quasi sessantanni di tribolazione, per via della sua progressiva disabilità dice "Dio ha costruito intorno a me una rete fatta di carezze che ha premesso di trasformare la mia fragile e difficile vita in un dono di tenerezza"

Pensiamo per un attimo fuggevole ai tempi che oggi viviamo, arroventati dal clima elettorale, agli estremismi, alle speculazioni degli avvenimenti e delle violenze. Laura ci congeda con un pensiero lapidario."E' un mondo respingente e cattivo, ma germi di bene che lasciano sperare vivono e crescono nel silenzio".

ILa fotografia è di Silvia Ambrosi, per anni fotoreporter del Secolo XIX, che ha sempre rivolto uno sguardo professionale molto intenso sul mondo dell'immigrazione. Risale ad oltre venti anni fa quando la presenza e la condizione degli stranieri erano già emerse ma erano poco percepite, un suo libro di fotografie dal titolo "Genova in-visibile" con la prefazione di Luca Borzani. Il libro è stato è stata premiato dall'Accademia dei Lincei e le immagini hanno successivamente fatto parte di una mostra a Milano alla galleria Il Diaframma, con una presentazione molto partecipata di don Andrea Gallo

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