SLEGATI IN 5000. IN NOME DI BASAGLIA

testo di Marcello Zinola
Sono (apparentemente) dei “non luoghi” da anni. Vuoti, abbandonati, solo in parte riutilizzati, che si ostinano a volere rimanere dei "luoghi”, dove altre diversità e disperazioni cercano appunto “un luogo” per dormire, farsi una bella fumata, rubare un’ora di sesso da descrivere poi su un muro con un graffito o una scritta minacciosa. Sono gli ex manicomi di Genova Quarto e Cogoleto, unica realtà metropolitana, quella di Genova, ad avere avuto due strutture di questo tipo arrivate ad ospitare complessivamente sino a 5000 pazienti.
Quarant’anni dopo la 180, la cosiddetta legge Basaglia, approvata il 13 maggio del 1978 in pieno caso Moro (con un “vecchio” Dc come relatore, lo psichiatra e parlamentare genovese Bruno Orsini) ripercorrere quei luoghi è sentire, come a Cogoleto, il rumore di vetri rotti sotto i piedi e cogliere, immaginandolo, il mugolio di un “matto” legato a un letto di contenzione. I letti con i piedi saldati al pavimento, oggi arrugginiti nelle stanze cadenti e devastate. O il rumore ovattato delle montagne di vestiti e valigione che contenevano gli abiti di donne, uomini, bambini (perché il lattante poteva essere un folle come raccontava un servizio inchiesta de Il Secolo XIX degli anni Ottanta) finiti per decenni in quella città della sofferenza, dove anche da morti si rimaneva dei numeri: perché sulle lapidi non c’erano nomi nel vecchio cimitero di Pratozanino. Lì come in altri luoghi simili. Ci sono ancora valige con il cartellino attaccato, nomi, anni 1930, 1952, 1962, foto sbiadite, bambole rotte. Oppure a Quarto dove i padiglioni monumentali oggi sono stati visionati anche da arabi e cinesi per essere acquistati, ma inutilmente... restano lì, cartolarizzati, come Cogoleto (“mai scelta fu più sbagliata” racconta il sindaco di Cogoleto, Mauro Cavelli), devastati e inutilizzati, con gli scaloni di marmo, il graffito di un corvo nero sui muri e nel racconto di come nella ricchezza (di allora) delle Province, titolari dei manicomi pre riforma, ci fosse anche una squadra di lucidatori di ottoni, maniglie e corrimano. Lucidavano gli ottoni e rasavano la testa ai degenti per evitare i pidocchi.
Dove il primo impatto del giovane medico in una “divisione” da 450 degenti di Quarto fu quello “dell’odore” come ricorda lo psichiatra Pietro Ciliberti. O dell’impatto con i vecchi medici a Cogoleto rammentato da Cosimo Schinaia, dove un primo atto di restituzione di libertà a una donna fu quello di ridarle gli orecchini “tolti” al suo ingresso in Ospedale psichiatrico nel 1922.
“Una buona psichiatria è sempre partigiana della compassione". E' il titolo e incipit del testo di apertura di Mauro Amore (cattedra di psichiatria all’Università di Genova) del libretto che presenta e accompagna “180x40, una settimana di eventi sulla 180 a Genova” dal 7 al 13 maggio. La sua importanza non è l’autocelebrazione ma il guardare all’oggi per il domani: è tutto così acquisito e scontato, culturalmente e politicamente certo? Non esistono rischi di ri-manicomializzazione o uso “politico” della restrizione per esempio con i migranti?
A Cogoleto, una cinghia per la contenzione abbandonata in un angolo ti fa ascoltare ancora il lamento di una donna ricoverata perché “sporca” (sì, c’era la “divisione” delle donne sporche cioè incontinenti, i nomi dei reparti nella divisione delle “agitate” erano quelli).
A Quarto vedi una stanzetta, tre metri per tre, con un buco a terra in un angolo (era il “cesso”). Lì visse per tre anni B., oggi 83enne, da 45 ospite di Quarto, “liberato” dall’incubo da Pietro Ciliberti.
B. rammenta: “Mi hanno fatto uscire dalla stanza…ho chiesto come mai? E’ morto il papa o venuto il sindaco in visita?”. E chiamateli ancora matti…Quarant’anni fa, unico paese al mondo, l’Italia aboliva i manicomi per legge. Così come scrisse Armando Misuri (“Allora Dio non esisteva o forse noi non ne eravamo figli”): “e allora il mostro orrendo, il manicomio, cadde, si afflosciò su sé stesso (…) Allora quel Dio che – per noi – non esisteva, (…) per noi – ricominciò ad esistere’’.
La fotografia, l'ingresso di uno dei padiglioni di Quarto, è di Giulia De Stefanis Info, programmi, orari degli eventi: www.psychiatryonline.it/node/7243