MECENATE ANCHE PER CINQUE EURO


testo di Donata Bonometti
Si possono adottare le opere d'arte per sottrarle all'abbandono? Si può diventare genitori di piccoli o grandi capolavori che si annidano nel nostro patrimonio genetico? Inutile lamentarsi del degrado se poi siamo i primi ad osservare una scultura, un affresco, un manufatto artistico che non godono buona salute, e giriamo lo sguardo da un' altra parte. Ma non succede sempre cosi. L'etica si veste da estetica, i cittadini vogliono ritrovare la bellezza per approfittarne, mettendoci del loro.
Cosi vi raccontiamo due piccole storie di generosità civica che stanno andando a buon fine.
È un capolavoro unico il pallio bizantino di San Lorenzo, conservato nel museo di Sant’Agostino di Genova, e da qualche tempo all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze dove il restauro è da poco terminato. Adelmo Taddei, direttore del museo di Sant’Agostino, ha lanciato tempo fa una sorta di adozione. Cinque euro per ogni centimetro quadrato di stoffa, così da raggiungere i circa 200 mila utili per il restauro. Attorno al palio ha preso vita una gara sentimentale: c’è chi ha dedicato la particella di antico tessuto alla fidanzata, al marito, alla mamma, ai figli. In occasione di un compleanno, di una nascita, di un anniversario. Con il centimetro quadro che, sul sito dedicato, riporta il nome di chi ha adottato o ottenuto questo speciale omaggio. Anche il direttore Taddei, a suo tempo diventato nonno, ha regalato un quadratino del telo di San Lorenzo alla sua piccola.....Oggi le centinaia di genovesi che negli anni hanno contribuito all'operazione paliotto sono immersi nella gratitudine del direttore del museo, che pensa di riportare ben presto il suo paliotto nel museo di Sant'Agostino nel cuore del centro storico e di esporlo alla gente. Mi commuove ogni volta che vado a vederlo a Firenze, dice. Che si commuove anche per la munificenza di chi ha donato, cinque piuttosto che venti o ventimila euri, raggiungendo il risultato. Uno sponsor sostiene ora l'impegno finanziario per la vetrina espositiva ma la iniziativa "Mecenate per cinque euro" continua per completare l'opera.
La storia del paliotto ci espone la sua rarità. Nel 1261 l’imperatore Michele VIII Paleologo riconquistava Bisanzio anche grazie al supporto dei genovesi, che riuscivano così a spodestare l’Impero Latino d’Oriente. In segno di riconoscenza l’imperatore, oltre a privilegi commerciali, inviava a Genova molti doni, fra i quali un pallio in sciàmito per la cattedrale di San Lorenzo. Questo prezioso tessuto, di quasi tre metri per un metro e mezzo, dimensioni introvabili in simili manufatti, ne fa un prodotto di ineguagliabile qualità (sciàmito significa “a sei spolette”, “a sei fili”, a indicare il tipo di lavorazione e la robustezza del risultato), decorato con fili colorati e d’oro e d’argento. Rimase in duomo fino al 1663, poi alla fine dell’Ottocento, in Palazzo Bianco. Quindi trasferito nel Museo di Sant’Agostino, dove ritornerà a conclusione del restauro. Entro l'estate.
Il pallio, che narra, su due registri, episodi e martirio della vita dei santi Lorenzo, Ippolito e Sisto, fornisce un sacco di informazioni sulla storia di Genova e dell’Impero Bizantino, sulla religiosità occidentale e orientale in un momento a metà strada fra scisma e tentata riunificazione delle due chiese. Un capolavoro d’arte ma anche un simbolo di pace. Anche per questo eloquente significato il Museo di Sant’Agostino ha rilanciato l’adozione.
Ma anche il museo d'Albertis segue la stessa traccia del sostegno finanziario affettivo per il diario del Capitano. Un album di 60 pagine con ritagli di giornale, ricevute di cocktail, e biglietti da visita e ovviamente il racconto dei suoi viaggi attraverso India, Nuova Guinea, Australia, Nuova Zelanda e Tasmania, fino in Cina, Giappone, New York, Galapagos, Giamaica e Barbados. «Così con Rete del dono e Solidarietà e Lavoro scs-onlus, abbiamo aperto la campagna di crowdfunding, la colletta on line - racconta al Secolo XIX Camilla de Palma , direttrice del museo -Intendiamo realizzare una copia del diario che sarà disponibile a tutti i visitatori del museo, restaurare l’originale e confezionare una scatola a pH neutro in cui riporlo e digitalizzare e inserirne la copia in modo che possa essere sfogliato in maniera virtuale. Il diario di Enrico D’albertis - fa notare De Palma - non aveva foto: e questo è il suo vantaggio: l’immaginario parte dalle piccole tracce. Si tratta di un grande libro dove il Capitano narra il primo giro del mondo tra regate come quella dalla terra di Sandokan, degustazioni di vermouth all’Hotel de l’Europe a Singapore e di vermicelli soup sul piroscafo Australia».
Dal diario emerge la personalità del futuro castellano di corso Dogali a Genova, vissuto a cavallo fra l'Ottocento e il Novecento, uomo di cultura, appassionato di Scienze naturali, dotato di straordinaria apertura nella mente e nel cuore. Navigatore, etnologo, fotografo e scrittore.
Il capitano ha girato il mondo per tre volte, è ritornato, dalle Americhe (seguendo la rotta intrapresa da Cristoforo Colombo 400 anni prima) con le navi cariche di oggetti e reperti ora esposte nel castello che da dimora è diventato museo delle Culture del Mondo. Infatti restaurò il bastione di Monte Galletto trasformandolo in un castello delle meraviglie, tra sale delle Meridiane di cui fu un abile costruttore e sotterranei. E cisterne, oggi diventati spazi espositivi. Castello che ha donato al Comune di Genova perchè diventasse bellezza di godimento collettivo.
Il restauro sarà effettuato da Alice Ferroni di Arte&disegno.
Nelle foto del Secolo XIX i due conservatori nei rispettivi musei e con gli oggetti preziosi al centro di questo post. Il paliotto di San Lorenzo e il diario del Capitano