VELVA, IL MUSEO NELLE CASE
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testo di Donata Bonometti
Mai un mezzo di trasporto che l'abbia attraversata e Velva è rimasta magnificamente immobile nel tempo. Conservata. Borgo quattrocentesco arrampicato sulla mezza montagna della val Petronio alle spalle della riviera di Levante, oggi quasi spopolato ma già adocchiato da amanti dell'immortalità silenziosa di posti come questi di cui la Liguria è generosa, Velva era posizionata tra il mare e la pianura quindi valico di passaggio di merci e uomini e perciò suo tempo un centro importante. Transitavano generi alimentari ma anche legname per i cantieri e persino macine per mulini. La nota Via del Sale. Se le spiagge affollate rendono allettante l'entroterra spingetevi verso Castiglione Chiavarese e pochi chilometri dopo troverete Velva con un nome dall'arcaico significato che forse fa riferimento all'acqua. Velva non solo comincia ad essere adottata da stranieri ma conserva intatte numerose case vuote ma con l'arredo e le suppellettili dell'epoca, ragion per cui si identifica il tenore di vita, il grado sociale, i riti quotidiani di chi le occupava. Un abbandono apparente. Case visitabili perchè inserite nel percorso del Museo Diffuso Cultura Contadina di Velva .Che è dotata di un museo vero e proprio con l'esposizione di oggetti e manufatti legati al lavoro nei campi e nei boschi, del grano e della vite, integrata dal circuito culturale di queste case, fedeli alla vita che hanno ospitato. Sappiatelo il 4 agosto si rinnoverà il rito della trebbiatura. Che ancora qualche eroico esercita, facendo rivivere gli attrezzi conservati nel museo. Le trebbiatrici a mano escono dalle sale espositive e riprendono il loro ruolo. Lavorando il grano gia mietuto davanti al piazzale del museo. Succederà alle sei di sera e poi ovviamente degustazioni e brindisi.
Torniamo dentro e fuori le case. "Il criterio seguito è quello di fare in modo che manufatti,attrezzi e ambienti, espressione della cultura materiale locale, restino per quanto possibile nel loro posto originario e vengano avvicinati visitatore che percorre l’itinerario dei carruggi e porticati del centro storico”. Cosi ci introduce nelle case di Velva Fausto Figone, il responsabile del Museo Diffuso . Le case erano quelle del notaio, del medico, del farmacista quindi con con una certa ricercatezza di arredo che persino i copriletti raccontano, mentre la casa del lavoratore della terra e del pastore è segnata dalla povertà.
Non c'è una immagine stereotipata di un mondo contadino piatto ed omologato, dice Figone, ma una comunità dalla marcata stratificazione sociale. Così,si affiancano e si confrontano gli spazi domestici vissuti da un nucleo familiare colonico mezzadrile con quelli propri di una famiglia di proprietari/artigiani; mentre in quello produttivo ecco l’organizzazione di una piccola cantina colonica e quella di una cantina padronale. Botteghe ovunque con una prevalenza della bottega del falegname/bottaio al servizio della produzione vinicola Che era molto consistente a Velva testimoniata anche dalla attrezzatura sopravvissuta. .Così la “bottega” del carraio rappresenta una attività di trasporti storicamente radicata nella comunità velvese, con molteplici tracce di una economia di servizio correlata al passaggio nella borgata dell’importante via commerciale che collegava la riviera con le terre padane. Quindi a Velva vivevano e lavoravano con profitto vetturini, osti, maniscalchi, fabbri, al servizio di chi svalicava.
Dunque venite a Velva per entrare in queste case vive anche se vuote, ma tal quali macchine del tempo. Troverete un percorso urbanistico di architettura rurale con mura, vicoli, passaggi, creuze, archi che uniscono e separano le case, che vi faranno sentire viandanti della storia, una chiesa con uno splendido risseu, un locale vicino al museo dove una azienda vinicola della zona allestisce un ambiente di barricatura. E salendo attraverso prati e sentieri, oltre il borgo, il Santuario di Nostra Signora della Guardia con all'interno il gruppo ligneo della Apparizione che ha una storia interessante di "rapimento"notturno alla devozione dei genovesi. Un vero e proprio ratto della Madonna
.Per non farsi mancare nessuna esperienza, a fianco del santuario, uno dei quei ristoranti da pellegrini dove ti somministrano prelibatezze di quel pezzo di Liguria, senza interruzione di portate, con i piedi sotto il tavolo per almeno tre ore. Perche sei comunque un pellegrino stanco da rifocillare.
Per informazioni e prenotazioni per il Museo 3475569715 o 0185-408016