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MADDA, DA GENOVA AD HAITI VICINO AI DERELITTI


Un grido di dolore arriva da Haiti, terra dimenticata dall'Occidente. A levarlo è Maddalena Boschetti, una missionaria laica di Genova che vive ad Haiti dal 2002. Prima a Port au Prince dove ha lavorato con i padri Camilliani fondando un centro per accoglienza e cura dei bambini disabili e abbandonati dalle famiglie (Foyer Bethlem Saint Camille), poi ha a Mare Rouge (Mawoj in creolo), nel nord ovest del paese una zona molto povera, rurale ma con grande dignità, con tantissimi disabili, sia per problemi genetici o per problemi sanitari durante la gravidanza, sia per malattie in tenera età, tra cui poliomelite, diffusissima. Li Madda ha iniziato a coinvolgere le persone della zona,i genitori soprattutto- spesso donne sole prive di cultura e in un ambiente dove i disabili sono considerati maledetti dagli spiriti e quindi abbandonati - con azioni anche minimali, come i disabili in prima fila in chiesa e nelle feste - e poi ha iniziato la formazione di operatori volontari e creando un'associazione "Aksyon Gasmy"..... Gasmy era un bambino che hanno trovato in una baracca, e sembrava uno straccio abbandonato, invece era un bambino...Che poi morì.

Madda Boschetti ha una pagina su facebook ma potete trovare info anche qui: http://www.agasmy.org/

Ecco la sua lettera che ho parzialmente ridotto e che vi rimanda comunque l'orrore che sta vivendo Madda insieme alla sua gente.

"Haiti sta soffrendo. Ancora una volta.Questa volta non è un evento naturale , non un terremoto, non un ciclone. È l’ennesima crisi politica, che lacera un popolo già al limite della sopravvivenza, un paese che con gli aiuti avuti negli ultimi dieci anni, dopo la catastrofe del terremoto del 12 gennaio 2010 con i suoi 300.000 morti, stava cercando di rialzarsi, nonostante le piaghe della corruzione, del traffico di droga e dei nuovi tipi di sfruttamento di cui è oggetto da parte di altri paesi.

Dal luglio 2018 il paese a più riprese affronta gravi disordini interni, atti di violenza e vandalismo sempre più prolungati che sono sfociati in quella che non esito a definire una palese guerra civile. Siamo in guerra. Siamo nel caos. Rivendicazioni popolari legittime e finalmente democratiche, rovinate da bande pagate in dollari americani e droga per “paralizzare” il paese, con violenza brutale e tante, tante armi automatiche e nuove di fabbrica.Il paese è bloccato a livello di viabilità, la capitale è isolata da 2 mesi, impossibile da raggiungere, così come bloccate ed impercorribili da barricate sono le strade di principale comunicazione fra le maggiori città e all’interno delle città stesse.

Il paese è in mano a banditi armati che chiedono tangenti per permettere un accesso di pochi metri alla barricata successiva. Il paese è bloccato a livello di commercio: le merci non possono più viaggiare, i magazzini sono vuoti, fiorisce solo il mercato nero. Il paese è bloccato nei servizi essenziali: gli ospedali non hanno medici né medicine, le scuole sono chiuse in capitale e nelle maggiori città. Il paese è bloccato anche nell’accesso al denaro contante: le banche si stanno proteggendo evitando di rilasciare contante, si teme possano anche chiudere.

A Mare-Rouge, nei monti dell’estremo nord-ovest di Haiti, di fronte a Cuba dove vivo, la vita è ridotta all’essenziale già normalmente. Noi siamo parte di quello che le descrizioni del paese dicono “zona rurale”, in cui cioè la vita, dai ritmi dettati dal lavoro della terra, si è fermata a 200 anni fa, l’epoca dell’indipendenza. Noi facciamo parte del 64% di popolazione che non ha accesso alla corrente elettrica, al 43% che non ha accesso all’acqua (in verità ci forniamo per bere alle fonti più prossime, grazie anche ad un acquedotto costruito dai missionari italiani), solo il 28% della popolazione di Haiti ha accesso a servizi sanitari, il 23% è analfabeta. Il 60% della nostra gente vive sotto il livello di POVERTA’, ovvero con meno di 2 US al giorno,il 25% vive sotto la soglia dell’ESTREMA POVERTA, con meno di 1,25 US al giorno

.Desidero fare alcuni esempi: un maestro della nostra scuola parrocchiale, così come uno dei nostri educatori, per compiere il loro ufficio di insegnanti con responsabilità e dedizione, oppure una delle nostre operatrici di fisioterapia, che dedicano la loro giornata ad assistere i bambini gravemente disabili, ricevono una gratificazione pari a 2,75/3 US al giorno. I responsabili di Aksyon Gasmy, con cui ho l’onore di condividere le difficoltà e le gioie di questa vita, ed ho coscienza di condividere il carisma, con i benefici del loro lavoro rimangono appena sopra la linea di povertà, ma arricchiscono la comunità tutta e tutti noi in umanità

.Qui a Mawouj (Mare-Rouge) non abbiamo avuto per il momento episodi di violenza però, si avvertono pesantemente gli effetti di questa situazione: non ci sono contatti con la capitale, gli spostamenti verso altre città sono comunque da evitare, le merci non arrivano, scarseggia il cibo non prodotto localmente e tutti i prezzi continuano ad aumentare, senza controllo. Il prezzo del riso, piatto base, è più che triplicato dall’inizio dell’anno.

Le banche non elargiscono che quantità minime giornaliere di gourd (la valuta locale), garantendo per il momento spostamenti di denaro solo attraverso bonifici o assegni.Con difficoltà di ogni genere siamo riusciti negli ultimi mesi a proseguire nonostante tutto nella costruzione della nuova sede, finanziata dalla Conferenza episcopale italiana. Anche tutte le nostre attività abituali con i bambini e le famiglie sono continuate. Abbiamo concentrato tutte le attività di Mawouj qui a casa mia (….dove finalmente i bambini, le mamme, i responsabili regnano sovrani e felici e mi riempono di vita ed umanità ogni minuto…), abbiamo decentralizzato ogni attività negli altri comuni, evitando per quanto possibile i costi degli spostamenti motorizzati, e chiesto ai responsabili di Aksyon Gasmy degli altri luoghi più attenzione per le loro zone e più contatto reciproco.

La gente ha fame, sempre meno le risorse per sopravvivere. Negli ultimi mesi accanto agli enormi sforzi per garantire lavoro a tante delle nostre famiglie, abbiamo scelto di moltiplicare l’assistenza a quelle più bisognose, garantendo il più possibile cibo, medicinali e vestiti.Continuiamo l’assistenza per la salute attraverso la collaborazione con il dispensario locale, pagando i conti per visite mediche, esami e farmaci. Non abbiamo accesso agli ospedali più attrezzati di Port-au-Prince, il Foyer Saint Camille è per noi adesso irraggiungibile. I casi più gravi sono affidati più alla nostra umanità che alle cure mediche che possiamo aiutare a ricevere.Stiamo soffrendo molto per la mancanza di medicinali, soprattutto gli anti-epilettici che da anni forniamo a decine di bambini e giovani. Grande sofferenza è anche per le persone con gravi turbe psichiatriche che eravamo riusciti a stabilizzare, sempre attraverso farmaci che da mesi non riusciamo più a garantire, e che adesso sono ritornate a perdere il controllo. Le donne malate di mente che vagano sporche e nude sulle strade sono abusate, oggetto continuo di violenze e messe incinte sulla strada; sulla strada daranno alla luce i loro figli.

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