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NELL' EX MANICOMIO UN MUSEO DEGLI IRREGOLARI

testo di Giuliano Galletta

Dal 1986 al 1995, anno della sua prematura scomparsa, Claudio Costa (nato nel 1942 a Tirana), il più importante artista attivo a Genova nel secondo Novecento, lavorò nell'ex ospedale psichiatrico di Quarto, trasformato, dopo la riforma Basaglia del 1978, da luogo di reclusione e sofferenza in spazio aperto di cura e socializzazione. In stretta collaborazione con il direttore, Antonio Slavich, uno dei protagonisti della antipsichiatria italiana, Costa - già affermato a livello internazionale, dopo la partecipazione nel 1977 a Documenta 6 e alla Biennale di Venezia, curata da Arturo Schwarz, nel 1986 - allestisce il suo atelier di arteterapia iniziando a lavorare con i pazienti, ma anche coinvolgendo nel suo laboratorio tanti amici artisti, basti citare Aurelio Caminati e Giannetto Fieschi.

Da quell'esperienza, resa possibile dalla straordinaria energia vitale e creativa di Costa, nacque nel 1992 il Museo Attivo delle Forme Inconsapevoli. Dopo la morte di Costa l'attività del museo fu portata avanti, fra molteplici difficoltà ma senza interruzioni da Gianfranco Vendemmiati, sino al 2012, quando un progetto di privatizzazione di tutta l'area ottocentesca dell'ospedale mise a rischio la vita del museo, ma soprattutto le attività di cura ancora presenti.

Soltanto la mobilitazione di un agguerrito gruppo di cittadini, riuniti nel Comitato Quarto Pianeta, riuscì a fermare la sciagurata operazione immobiliare, salvando così uno spazio architettonico di pregio ed un luogo della memoria, che altre fra le principali città italiane (e non solo) hanno saputo preservare, attraverso una riconversione a funzioni culturali e sociali. Da allora l'ex ospedale con il suo museo, importante e uno dei pochi spazi permanenti italiani dedicati all'arte irregolare, all'outsider art, è diventato, grazie al lavoro dei volontari di Quarto Pianeta, un fondamentale centro di aggregazione, promotore di un intenso programma di attività. Rispetto alle più note raccolte di art brut, come la Collezione Prinzhorn dell'Università di Heidelberg, o quella di Losanna, creata da Jean Dubuffet, il museo genovese, ha sempre rivendicato una propria originalità. "La nostra scelta di far convivere, negli spazi del museo - spiegava Costa nel 1992 - senza soluzione di continuità, le espressioni artistiche di persone affette da handicap mentali insieme ad opere di artisti professionisti, è una scelta radicale e innovativa". Le tematiche affrontate allora da Costa hanno trovato una loro "consacrazione" nella Biennale del 2013, ordinata da Massimiliano Gioni. Ora il MAdFi, dopo l'ordinamento delle oltre mille opere conservate, torna a mostrarsi con una selezione di 70 opere, che prelude al nuovo e definitivo allestimento. La mostra, curata dal team del museo, composto da Sandro Ricaldone, Massimo Casiccia, Rossella Soro, Barbara Cella, Carolina Mensi, Anna Ugolini, Alice Vigogna e Alessia Ronco Milanaccio, presenta opere, molte di assoluta eccellenza, realizzate, in 35 anni, nei diversi laboratori di Arteterapia organizzati a Quarto. Fra i lavori presentati da segnalare le “maschere” di Davide Mansueto Raggio, ricoverato per quarant'anni e che può essere considerato l'artista-simbolo, conosciuto e apprezzato anche all’estero, del museo.

La mostra è allestita per temi: nella sezione "Volti e figure" spiccano il "Viso di donna" di Rosanna Picariello e le poesie visive di Melina Riccio mentre fra i "Motivi astratti" si fanno notare il quadro senza titolo, su cartone da imballaggio, di autore anonimo e la intricata spirale astratta di Virginio Massolo. Nel comparto incentrato su "Fiori e piante" predominano i dipinti di Giampiero Aratoli. Nei "Paesaggi", di particolare interesse il tramonto di Enzo Corello e l'inquietante immagine popolata di figure nerastre che valicano il crinale di una collina, di un altro artista anonimo, nonché il villaggio esotico di Ciaravolo. Oggi l'ex ospedale psichiatrico di Quarto sta attraversando di nuovo un momento cruciale. Quarto Pianeta ha presentato un ambizioso progetto di ristrutturazione e di rilancio che sarà visibile in occasione della mostra, ma che rischia di rimanere impantanato nella palude dei veti incrociati e della burocrazia. Secondo Sandro Ricaldone, curatore del museo, “una volta superata questa impasse occorrerà attivare risorse, non ingenti ma indispensabili, per la sistemazione dei locali, ancora non completata nonostante l’impegno di ASL3, e per la realizzazione di un museo dotato, oltre che di un patrimonio artistico di grande rilievo, dell’attrezzatura multimediale da cui nel momento attuale non si può prescindere”. La mostra sarà visitabile sino al 31 luglio con orario dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 18,30. Altri orari su appuntamento tel. 347 589 8777 - 339 722 8865. Il Secolo XIX, 8 luglio 2020

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