LA MAESTRINA DALLA PENNA ROSSA UCCISA DALLE MALDICENZE
testo di Donata Bonometti
Immaginate di trovarvi in una stalla, durante la veglia. E' il momento della sera in cui gli anziani raccontano, arricchendo di memorie la piccola comunità. Racconti dei paesani che sono partiti, con la scure in spalla, ogni inverno, per andare a potare i pioppi in Lombardia, dove, dormendo all'aperto, li svegliava la brina gelata. E delle donne che, a maggio ,lasciavano la valle per diventare mondariso e degli uomini salpati per la Sardegna per diventare bestassi, quelli che sulle spalle si trascinavano giganteschi tonni, dopo la mattanza. E quei tonni pesavano come una vacca.
Durante la veglia si parla spesso di questo incessante abbandono di amici e parenti che vanno via per mesi dalle loro case, per fame. E l'economia di quella comunità si basava proprio su quel continuo movimento, che si chiama emigrazione. Che da regionale diventerà anche transoceanica. Alla veglia ci si scalda al fuoco delle tradizioni, che attenuano l'asprezza della quotidianità, rappresentata anche da quel pane per i boscaioli cosi duro da essere chiamato lustra-campane.... E ci scappa pure un sorriso amaro per il soprannome evocativo.

Quasi cinquant'anni della propria vita di studioso passati ad ascoltare una polifonia di voci, altrimenti destinate all'oblio, i racconti degli anziani-anziani che trasmettevano vissuti del secolo scorso, dei nipoti che ricordavano usanze di casa e via via invecchiando le trasferivano ai piu giovani, insomma un viaggio transitando tra alcune generazioni, utilizzando la memoria e la viva voce, perchè ancor piu dello scritto, del documento scritto (pur importante per verificare e confermare il racconto) è stupefacente sentire le testimonianze, coglierne le sfumature nella voce e ricostruire cosi vite intere. Siamo tutti attorno al fuoco della veglia.
Paolo Giardelli, antropologo che riguardo le tradizioni liguri è cultore di alto livello, ha iniziato con la sua tesi di laurea negli anni 70 a raccogliere fonti orali partendo dalla Valbrevenna, andando su per le montagne liguri, le valli appenniniche, a "stanare" gli abitanti e farsi raccontare. E raccontare ad altri. "Beh non ho fatto solo questo nella mia vita professionale, ma certo ho con me centinaia e centinaia di tradizioni orali supportate da fonti storiche, archivistiche e di cultura materiale"
Cinquant'anni di antropologia culturale tra la gente, di ricerca sul campo, di passione e attenzione verso i movimenti minimi e le parole a mezza voce di chi fa la storia di tutti i giorni ma dalla grande Storia è omesso e presto dimenticato: su questa filigrana, nella lunga indagine dedicata alla Valbrevenna, una valle stretta e conservativa alle spalle di Genova, Paolo Giardelli dà la parola alle donne e agli uomini che tra cento mestieri ne hanno percorso le strade, e costruisce un modello di geografia umana esemplare e degno di essere messo alla prova in ogni valle dell'Appennino e delle Prealpi.
Questo lungo lavoro dello studioso è diventato un libro. Si intitola "La memoria ritrovata. Andare e venire in una valle appenninica: dalle mondine alle maestre di montagna". Citazione d'obbligo perchè le donne sono le anime, in perpetuo movimento, di quelle valli. Le mondine, le carbonaie da legno, le levatrici, le maestre di montagna. Queste ultime dipendevano economicamente e professionalmente dal sindaco del paese dove insegnavano, e immaginatevi i ricatti nei loro confronti da parte di sindaci non sempre onest'uomini. Il Corriere della Sera si occupò di una maestra inseguita dalla maldicenza che si buttò nel fiume, con le tasche piene di sassi, lasciando scritto di non essere sepolta in quel luogo perchè le ingiurie l'avrebbe seguita anche sotto terra. E chiedendo che esami autoptici confermassero la sua verginità. Come fu riscontrato. Si chiamava Italia Donati. Tra le sue colpe quella di indossare un grembiule rosso. Che alla fine appunto riempi di pietre. Era la fine dell'Ottocento.
La mia prozia potrebbe entrare a pieno titolo in questo excursus sulle donne educatrici di questi paesi valligiani. Negli anni venti insegnava in Vallecamonica appena diplomata e quindi a Gardone Alto, abitando vicino al Vittoriale di D'Annunzio. Medaglia d'oro per Carolina Trevisani Scarpetta perchè per anni si alzava all'alba per andare a prendere i suoi alunni nelle cascine, altrimenti destinati ad occuparsi degli ulivi. E quando è morta ha lasciato la sua casa al Comune perchè diventasse alloggio dei suoi scolari oramai anziani.
Paolo Giardelli ci tiene a ricordare un'altra usanza delle valli. Per denaro le donne allattavano i bambini rimasti orfani in brefotrofio, ma alla fine se li tenevano con sè, questi piccoli sventurati e li allevavano come e meglio dei loro stessi figli. Con Giardelli abbiamo evocato il tesoro di umanità custodito (forse ancora) nei locali della Provincia a Quarto, il cosiddetto Archivio degli Esposti, dove le mamme prima di abbandonare i loro figli, perchè impossibilitate a crescerli, consegnavano un orecchino, una moneta o una immaginetta o un indumento tagliati in due, perchè erano segni di riconoscimento se mai fossero riuscite a ricongiungersi con le loro creature.
Di questo tema ha trattato anche il nostro blog https://www.pienidigiorni.com/single-post/2018/01/10/una-cuffietta-tagliata-in-due
Il libro di Giardelli, che ha come sponsor Lorenzo Banchero della Banchero & Costa Insurance Broker, è editato dalla casa editrice Pentagora che si dedica in particolare alle pubblicazioni sul mondo rurale e alle persone che lo fanno vivere. Lo trovate in vendita su internet, nelle librerie, e nelle occasioni di eventi con la presenza dell'autore. E' alla sua quarta presentazione questa volta a Calvari, sabato 27 agosto, alle ore 17, in piazza San Lorenzo, nell'ambito dell'Expo Fontanabuona. L'autore dialoga con "Getto" Viarengo".
Paolo Giardelli, oltre a numerose pubblicazioni di antropologia puntata sulle tradizioni liguri e non solo, ha avviato insieme a Michelangelo Pesce, un sito che si intitola Museo del Bosco, un museo digitale accessibile a tutti dove trovate storie di ieri e di oggi, di un passato di fatica ma a suo modo rigoglioso, di un presente da preservare. E stupende fotografie d'archivio.
