LE ARTI LUNGO LA ROTTA DEI PROFUGHI

testo di Stefano Villa
La donna che disseta il suo bambino, facendogli scudo con le braccia dalla torrida arsura del deserto, rimbalza uguale dalla foto al quadro, entrambi della stessa potentissima umanità. Come la danza festosa degli occhi di una mamma giovanissima e del suo piccolo durante una sosta dal lungo, tormentato peregrinare, oppure lo sguardo di un’altra donna che assorbe tutte le paure dei pericoli e delle ansie all’approdo del viaggio perché nulla possa far paura al suo bambino addormentato. Raccontarla è innanzitutto un invito a visitarla perché la mostra "In fuga da Nazareth. Profughi di ieri e di oggi "al Museo dei Cappuccini di Genova sa davvero scuotere le coscienze, chiamarci in causa sul dramma dei profughi e dei rifugiati del nostro tempo unendo pittura, fotografia, poesia e installazioni video in un percorso artistico, umano e spirituale di straordinaria intensità.
Venti tavole in schegge di legno riciclato, dipinte con carboncino e terra, ognuna tratta da una fotografia, ognuna segnata da una parola chiave per un solo concetto, far aprire gli occhi sul tema, attualissimo, dei rifugiati e profughi del nostro tempo, dall’Africa alla Siria, dall’Afghanistan ai Rohingja del Myanmar, sino ai milioni di Ucraini in fuga dagli orrori di una intollerabile guerra .
Rileggendo la storia della Sacra Famiglia attualizzandola nei passi, negli occhi, nei gesti di moderni profughi. “Come per milioni di famiglie del nostro tempo, l’unico viaggio della famiglia di Gesù non fu una scelta, ma un obbligo: la fuga da un potere sanguinario, la ricerca d’asilo in un paese straniero” scrive anche lo storico dell’arte e saggista Tomaso Montanari in L’ora d’arte (Einaudi) commentando La fuga in Egitto del Caravaggio.
Ciò che si contempla nella mostra al Museo dei Cappuccini diretto da Fra Vittorio Casalino non è frutto dell’immaginario dell’artista, ma una durissima realtà, accolta con commossa levità per stimolare gli sguardi su persone vere, profughi, perseguitati sempre accompagnati dai loro figli, “l’unica reale ricchezza che possiedono”.
L’idea è nata dalla collaborazione di due fratelli torinesi, uno frate cappuccino, l’altro è il pittore Massimiliano Ungarelli che rappresenta il dramma degli immigrati e dei profughi del nostro tempo nelle sue tavole, in materiale povero e dalle superfici irregolari, costellate di ferite, cicatrici che attraversano i volti delle persone raffigurate rendendoli unici, come ogni uomo, ogni donna, ogni vita.
I quadri di Massimiliano Ungarelli, accompagnati dalle poesie composte da suo fratello cappuccino raccontano di un “prossimo” che avanza a fatica, soffre, scappa, annega, cade a un metro da noi. I soggetti della mostra, arrivata a Genova dopo una prima esposizione al Museo Diocesano di Torino con la Provincia dei Cappuccini del Piemonte, sono ispirati agli scatti di fotoreporter internazionali. Ad eccezione di cinque tavole inedite, “particolarmente legate a Genova – dice Luca Piccardo, conservatore e curatore con Daphne Ferrero del Museo Cappuccino – perché ricordano lo sbarco nella nostra città il 19 luglio 2014 di 106 profughi raccolti in Sicilia, a Capo Passero, dalla nave petroliera Alpine Royalty. Il progetto artistico della mostra rimane comunque aperto, perché sino a quando ci saranno profughi non si può chiudere”.
E la domanda, rivolta innanzitutto ai cristiani, ma che tocca ogni essere umano, pesa ben più di un macigno: come si può rimanere indifferenti, o peggio sostenere lo scempio di lasciare morire vite in mare, accanendosi persino contro chi si adopera per salvarle, come è già accaduto? Il catalogo della mostra aiuta con le parole di Papa Francesco: “L’accoglienza e una dignitosa integrazione sono tappa di un processo non facile; tuttavia, è impensabile poterlo affrontare innalzando muri. […] Quando si rinnega il desiderio di comunione, inscritto nel cuore dell’uomo e nella storia dei popoli, si contrasta il processo di unificazione della famiglia umana, che già si fa strada tra mille avversità. La settimana scorsa un artista torinese mi ha inviato un quadretto, […] sulla fuga in Egitto e c’era un San Giuseppe, non così tranquillo come siamo abituati a vederlo nelle immaginette, ma un San Giuseppe con l’atteggiamento di un rifugiato siriano, col bambino sulle spalle: fa vedere il dolore, senza addolcire il dramma di Gesù Bambino quando dovette fuggire in Egitto. È quello che sta succedendo oggi. Il Mediterraneo ha una vocazione peculiare in tal senso: è il mare del meticciato, «culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione». Le purezze delle razze non hanno futuro”.
(Dal discorso di Papa Francesco ai Vescovi del Mediterraneo, Bari 23 febbraio 2020).
Quattro fotografie, per le quali è stato possibile acquisire i diritti, accompagnano le loro raffigurazioni pittoriche alla mostra. Sono state scattate da Luc Van Kemenade, Roger Lemoyne, Alessandro Penso, Habibul Haque.
Ogni dipinto è accompagnato anche da un breve video che i visitatori possono guardare sui propri dispositivi scansionando il QRCode e tutti i video sono proiettati anche nella sala auditorium del Museo.
Il 12 maggio prossimo nella stessa sala don Giacomo Martino responsabile dell’ufficio pastorale Migrantes con rappresentanti del Ceis e di altre realtà che a Genova e in Liguria sono impegnate nell’accoglienza e nel sostegno alle persone migranti e rifugiate saranno protagonisti di una riflessione su questi temi, ai quali il 22 maggio sarà dedicato anche uno spettacolo con poesia e danza curato dall’associazione culturale Midrash al servizio dei frati Cappuccini del Piemonte.
IN FUGA DA NAZARETH. PROFUGHI DI IERI E DI OGGI è visitabile al Museo dei Cappuccini di Genova (Viale IV Novembre, 5 - 16121 Genova - ingresso da Via Bartolomeo Bosco) sino al 12 giugno prossimo, nei pomeriggi dal giovedì alla domenica dalle 15 alle 18.30, con possibilità di visite anche al mattino, su prenotazione, per gruppi e scuole.
Info: 010 8592759 - info@bccgenova.org - www.bccgenova.it