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SE LA PALLA OVALE DIVENTA UNA BORSA DI STUDIO



testo di Stefano Villa

Un sabato sera del 2003 torna a casa tardi dalla redazione di TeleCittà, dove lavora come giornalista. Gabriele dice alla compagna Cristiana che il giorno dopo non dovrà andare al Ferraris a seguire la partita di campionato, la sua emittente gli ha dato la domenica libera. Poi aggiunge che gli piacerebbe tanto giocare la partita della Nazionale giornalisti del rugby che sfidano gli Old della palla ovale. “Sarà domattina a Roma, dovremmo partire subito”. Nemmeno il tempo di pensarci e sono già sulla Fiat Palio viaggiando tutta la notte’.

A Roma Gabriele “Lele” Remaggi e la sua compagna arrivano stravolti, però lui va in campo lo stesso. Ci tiene troppo ad essere fra i quindici e tiene con passione smisurata a tutto il mondo del rugby. Per questo nel pomeriggio con altri amici e compagni di squadra Gabriele e Cristiana, quasi in un’evocazione del Vecchioni di Luci a San Siro, vanno anche al Flaminio: è il 23 marzo e la nazionale di rugby incontra la Francia nello storico Torneo Sei Nazioni. Solo dopo ripartono per Genova, viaggiando ancora una volta di notte.

Gabriele ha giocato nel CUS Genova negli anni ’90 e sino al 2000 e poi ne è stato anche addetto stampa. Era uno dei due piloni, quello destro, della squadra. Un ruolo chiave, la prima linea del pacchetto di mischia, perché i piloni si piantano, solidi come àncore, per non far arretrare la posizione sopportano e incassano. “Il pilone è un emblema quasi mitologico del rugby – dice Valerio Vecchiarelli – e simboleggia molto bene anche quello che Gabriele è stato in campo e nella vita, molto generoso, disponibile, solido anche nella sua straordinaria mitezza, leale e capace di amicizie profonde. Un uomo di grande cultura, con tanti interessi e tanto amore per la sua famiglia”.

Gabriele se n’è andato la notte dell’8 settembre 2015 lasciando all’improvviso e troppo, troppo presto Cristiana e le loro gemelline. Continuano a portarlo nel cuore e con loro anche tanti amici e persone che hanno conosciuto in campo, nelle redazioni, in mille incontri e occasioni diverse Gabriele rugbista potente e generoso, giornalista attento, corretto e curioso, persona dalla magnifica lealtà e dal grande calore umano che non aveva bisogno di troppe parole. Impossibile non volergli bene dopo averlo visto sorridere fra gli sbuffi di fumo del suo toscano, anche nei momenti piu complicati.

Per ricordarlo è nata anche una borsa di studio che porta il suo nome. L’ha istituita dal 2021 il Consiglio federale della FIR, la Federazione del rugby, accogliendo il progetto presentato da Valerio Vecchiarelli, Massimo Calandri e Paolo Ricci Bitti, giornalisti e sportivi legati al rugby e da una profonda amicizia con Gabriele, insieme ad altri amici nei media e nello sport. Un comitato scientifico con rappresentanti FIR e dei media nazionali dovrà individuare ogni anno un’atleta o un atleta che dimostri di eccellere insieme in campo sportivo e nello studio. Ricordando Gabriele Remaggi che questa simbiosi ha interpretato anche nella sua tesi di laurea, dedicata ai linguaggi del rugby.

I linguaggi, come la palla ovale, erano parte di lui, giornalista professionista che ha collaborato con La Stampa, La Repubblica, La Gazzetta dello Sport, Il Secolo XIX, il Corriere Mercantile e lavorato a lungo anche a TeleCittà e in altre emittenti liguri. “Sono contentissimo – dice Valerio Vecchiarelli – per questa borsa di studio dedicata a Gabriele. Ci eravamo conosciuti nel 2000, quando lui era stato fra gli organizzatori dell’incontro a Genova fra la nazionale azzurra di rugby e quella neozelandese degli All Blacks e poi siamo diventati amici”. Vecchiarelli, giornalista ed ex giocatore del Rieti non potrà certo dimenticare quella partita del 25 novembre che portò 35.000 appassionati allo stadio Ferraris, una giornata straordinaria per la città, per il rugby e per Gabriele che ne amava tutto, anche raccontarne.

È nato così anche Una meta dopo l’altra – della vita e del rugby il libro del 2012 che ha scritto a quattro mani con Marco Bollesan ripercorrendo la biografia del mitico capitano del CUS Genova e poi CT azzurro. Gabriele amava la sua bella famiglia, il campo e scrivere. Con intensità, senza arrendersi mai, nemmeno quando la redazione aspettava un pezzo per chiudere la pagina e lui, magari ancora in coda a molti chilometri da casa rassicurava al telefono “tranquilli, fra poco lo mando”. E in un modo o nell’altro quel pezzo riusciva a scriverlo in tempo. Per una borsa di studio non poteva esserci scelta migliore.

Grazie per le foto sul campo a Riccardo Melone, dirigente del Cus Genova sezione rugby



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